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L’olio di soia “high oleic” è piu sano

I ricercatori dell’USDA (Dipartimento Statunitense dell’Agricoltura) in collaborazione con l’Università di Kyungpook in Corea hanno selezionato due linee genetiche di germoplasma di soia capace di sintetizzare all’interno del seme una elevata concentrazione di acido oleico. Questo acido grasso, presente in alta quantità anche nell’olio di oliva, renderebbe l’olio di soia più salutare in virtù delle proprietà metaboliche dell’acido grasso monoinsaturo. Non solo. La presenza massiccia di questo acido grasso potrebbe sostituire in parte o del tutto l’impiego e la produzione di margarine. Infatti l’olio di soia ad alto contenuto di acido oleico sarebbe all’incirca solido a bassa temperatura per via delle caratteristiche chimico fisiche dell’acido oleico, rendendolo quindi più adatto alla conservazione. Inoltre si potrebbe soppiantare l’utilizzo di margarine che, come sappiamo, non sono altro che oli vegetali idrogenati chimicamente. Tuttavia il processo produttivo dell’idrogenazione che ha come scopo la trasformazione di oli liquidi in solidi (in modo tale da migliorarne la conservazione e i campi di applicazione alimentare a livello industriale) porta allo sviluppo di acidi grassi trans particolarmente tossici per il nostro organismo in quanto agiscono a livello metabolico andando ad intensificare la produzione endogena, nel fegato, di colesterolo LDL il cui mancato controllo è tra le concause di sviluppo e progressione di arterosclerosi e malattie cardiovascolari. La selezione di semi di soia alto oleico porta invece alla produzione di olio che pur  non avvicinandosi alla consistenza del burro o della margarina a temperatura ambiente non contiene acidi grassi trans ma che anzi simulando il profilo lipidico dell’olio di oliva può addirittura avere un effetto ipocolesterolomizzante con un incremento dei livelli di colesterolo HDL (quello buono). Nel 2008 l’olio di soia copriva il 70% del totale degli oli alimentari consumati in America (si presume che il consumo attuale sia aumentato), per cui è evidente la necessita di ridurre l’uso di acidi grassi trans (presenti nelle margarine industriali) nei processi di cottura e frittura ma anche come ingrediente base. Non dimentichiamo che l’acido oleico è molto stabile alle alte temperature con un elevato “punto di fumo”. Lo studio americano, recentemente pubblicato su BMC Plant Biology, illustra l’identificazione e l’uso di un paio di alleli mutanti (coppie di geni) responsabili della produzione di acido oleico nei semi di soia.

Normalmente esso presenta

  • 13% di acido pamitico
  • 4% di acido stearico
  • 20% di acido oleico
  • 55% di acido linoleico
  • 8% di acido linolenico

Tuttavia la nuova variante selezionata  presenterebbe addirittura l’80% di acido oleico e frazione variabile degli altri componenti.

alimentech in Antiossidanti,Chimica degli Alimenti,Emulsionanti,Grassi e derivati,Microbiologia Alimentare am Marzo 15 2022 » Comments are closed.

Irrancidimento Ossidativo: Iniziazione e Propagazione

L’irrancidimento ossidativo è un processo bio-chimico a cui vanno incontro tutte le matrici alimentari contenenti oli e grassi sia aggiunti che naturali. Questo processo si verifica sostanzialmente a scapito degli acidi grassi liberi e determina la degradazione della qualità nutrizionale e sensoriale del prodotto alimentare. Per convenzione si tende a schematizzare il processo di perossidazione in 3 stadi separati ma essi, in un sistema eterogeneo e “multimolecolare” tipico delle matrici alimentari, si verificano contemporaneamente e cambiano solo i rapporti specifici tra i 3 stadi. [banner] All’inizio del processo la reazione che predomina è quella denominata iniziazione, a cui segue la propagazione ed infine la terminazione. Il primo stadio ha una rilevanza del 100% all’inizio del processo ossidativo e quella di terminazione è nulla. Ma man mano che avviene l’iniziazione si tende a passare nella propagazione, infatti le reazioni non sono isolate bensì continue e nel sistema dipendono dalle concentrazioni relative dei composti neo formati. I principali fautori delle reazioni di perossidazione sono i radicali liberi. In natura esistono diverse fonti primarie di radicali liberi, ma quelli che si propagano dall’olio sono stati ben riconosciuti. Essi identificano molecole instabili che reagiscono in modo rapido e mirato con molecole vicinali sensibili. In particolare riveste un ruolo fondamentale l’ossigeno singoletto che diffonde facilmente nei grassi liquidi operando sugli acidi grassi ossidandoli.

Supposto che:

  • RH= acido grasso idrogenato
  • X• = radicale libero
  • O2 = ossigeno

si ha che la reazione di iniziazione è verificata dall’equazione:

dove R• = grasso ossidato e XH = molecola stabile (non reattiva)

La reazione di iniziazione origina un numero limitato di molecole di acidi grassi dotate di un elettrone spaiato R• che sono molto reattive a loro volta nei confronti di altre molecole sensibili: siamo nel secondo stadio.

La propagazione è un sistema complesso di reazioni cicliche che seguono uno schema “inflazionario” e da una serie ne scaturiscono altre fino a raggiungere un plateu oltre cui la materia reagente termina.

Propagazione di Reazioni Ossidative; Lo schema va letto dall’alto verso il basso, le frecce indicano reazioni a catena

Formazione di un idroperossido dell’acido oleico

Nelle reazioni di propagazione l’ossigeno atmosferico reagisce con i radicali liberi per dare radicali perossi (ROO•) anche essi molto instabili. Se incontrano un acido grasso insaturo (RH) nelle vicinanze, formano insieme un idroperossido (ROOH) e un nuovo radicale reattivo (R•). Due idroperossidi reagendo tra loro formano acqua, radicali perossi (ROO•) e radicali alcossi (RO•).

Scomposizione degli idroperossidi in ioni alcossi e perossi

I radicali perossi e alcossi sono nuovamente implicati in una nuova serie di reazioni radicaliche. In effetti essi, come il radicale originario del primo stadio, sono capaci di estrarre facilmente gli atomi di idrogeno dei gruppi metilenci dei grassi monoenoici (acido oleico) e dei polienoici (come l’acido linoleico). I gruppi metilenici sono particolarmente esposti all’estrazione idrogenionica e da cui l’elettrone rimasto tende a spostarsi sulla catena carboniosa per formare un doppio legame trans assieme ad un idroperossido. Questo meccanismo interessa in particolare l’acido oleico (C18:1) e dà origine agli idroperossidi in posizione 8-9-10 e 11 in percentuali uguali. La reazione dell’acido linoleico (C18:2) invece porta alla formazione di idroperossidi in posizione 9 e 13 in quanto il diene coniugato è molto stabile e difficilmente concede l’ingresso all’ossigeno nelle parti centrali del sistema elettronico. Man mano che gli idroperossidi si accumulano nel grasso, l’ossigeno disciolto nella matrice grassa è assorbito in quantità notevoli ma, al procedere della reazione a catena, iniziano sempre più ad evidenziarsi i prodotti della degradazione come aldeidi, chetoni e alcoli. A generare tutte queste reazioni a cascata sembra essere implicato l’ossigeno singoletto ovvero una forma di ossigeno molto instabile (di cui parlo in altra sede), e che sembra essere attivato dalla clorofilla, dal gruppo eme (nella carne), dalla riboflavina e dalla luce. Non a caso gli oli tendono a conservarsi per un tempo più lungo se sono disposti in recipienti scuri, schermati dalla radiazione luminosa ed in cui sia stata applicata una bassa una bassa pressione parziale di ossigeno ( ovvero in atmosfera modificata).

alimentech in Chimica degli Alimenti,Grassi e derivati am Febbraio 25 2012 » Comments are closed.

Alchil-Esteri e Contaminanti: ulteriori parametri di genuinità dell’olio extravergine

In Italia recentemente è stato osservata una certa crescita o “riscrescita” del mercato nazionale degli oli di oliva, vergini ed extravergini. In effetti questo trend si è presentato anche in altri paesi della comunità europea particolarmente votati alla produzione oleicola. Ciò ovviamente ha determinato anche la revisione e la riqualificazione dei parametri analitici di genuinità e di qualità. Si ha una buona genuinità quando nei prodotti analizzati non si evidenziano, attraverso adeguati controlli, fenomeni come sofisticazioni o alterazioni derivanti da frodi o da negligenza nella produzione, mentre la qualità si valuta attraverso la rispondenza di specifici paramentri chimico-fisici. [banner]Le disposizioni in merito al controllo qualità alimentare sull’olio sono in genere dettate dalla Società Italiana per lo Studio delle Sostanze Grasse (SISSG) che  ha definto che le caratteristiche di qualità devono essere vagliate attraverso il controllo dell’acidità, del numero dei perossidi, panel test, solventi alogenati. Invece i paramentri e le caratteristiche di genuinità dal controllo degli acidi grassi (composizione percentuale), composizione dei fitosteroli, ΔECN 42, stireni, eritridiolo e uvaolo, acidi grassi trans, dalla tipologia di acido grasso presente in posizione C2, dai valori spettrofotometrici e dalle cere. Alcune aziende probabilmente non effettuano altre analisi addizzionali e l’ottimizzazione dei parametri sopracitati potrebbe già essere soddisfacente al monitoraggio di un olio di qualità. Tuttavia la Comunità Europea sembrava già essere intenzionata ad aggiungere altri due paramentri analitici: la valutazione degli alchil-esteri e quella dei contaminanti. Secondo la vecchia legislazione questi due paramentri non erano necessari alla valutazone dell’accettabilità dell’olio extravergine e vergine. Tuttavia alcuni oleifici, ed è una testimonianza diretta, prevedevano già queste due analisi all’interno del piano analitico di routine. Gli alchil esteri sono molecole che possono sintetizzarsi per l’interazione spontanea tra alcool metilico o etilico con acidi grassi liberi. Gli oli ottenuti da olive di pessima qualità, perchè lasciate seccare sui teli o non frante in tempi adeguati dopo la raccolta, possono liberare acidi grassi per l’attività di enzimi lipasi liberati nel citoplsma attraverso lisi cellulare o da muffe presenti sulla superfice. Non solo, l’invecchiamento del frutto di oliva e l’attività delle pectinasi apportate da batteri e muffe agiscono sul gruppo metilenico pectinico liberando alcol metilico.

Reazione di sintesi dei metil esteri di acidi grassi

L’alcol etilico invece deriva dalla fementazione batterica degli zuccheri (glucosio e fruttosio) presenti nel frutto. Sia l’alcol metilico (o metanolo) che l’acol etilico possono reagire facilmente col gruppo carbossilico degli acidi grassi liberi per dare metil (o etil) esteri detti appunto alchil-esteri. Siccome alcune delle reazioni imputate possono verificarsi anche durante il periodo di estrazione dell’olio è comunque tollerata la presenza di alchil esteri (+ metil alchil esteri) nell’olio extravergine fino a 75 mg/Kg. La valutazione degli alchil esteri è una metodica ufficile riconosciuta dal COI (Consiglio Oleicolo Internazionale) ma è diventata obbligatoria a livello comunitario il 30 gennaio 2011 con il Reg. CE 61/2011.

I contaminanti invece sembrano essere un parametro di controllo di genuinità ben più imprevedibile. La  loro assenza implica una certa sensibilità dal parte del produttore primario verso un’agricoltura biologica e comunque più rispettosa alla luce di prodotti finali puri. In generale, per controllarli, bisogna puntare sulla prevenzione della contaminazione sul campo in quanto essi non possono essere eliminati dall’olio se presenti. Nessuna sofisticazione può farlo. I pesticidi, gli idrocarburi policiclici aromatici, gli ftalati, gli oli minerali derivano da tecniche agronomiche non adeguate. Ma possono anche essere lo specchio di un ambiente contaminato nel quale la buona fede del produttore non è ripagata da un prodotto di qualità. Il controllo dei pesticidi e dei contaminati deriva solo dalle scelte dei produttori primari in una certa area produttiva e non da variabili temporali o tecnologiche facilmente gestibili. Questo è uno dei motori che spinge la ricerca verso prodotti (chimici ed imballagi) biodegradabili che non contaminino l’ambiente o verso la lotta integrata per una maggiore tutela, non solo dell’olio come prodotto finito, ma anche di tutta la filiera agroalimentare.

alimentech in Chimica degli Alimenti,Grassi e derivati am Febbraio 20 2012 » Comments are closed.

Omega-3 per ridurre gli effetti pro-infiammatori degli eicosanoidi

Gli eicosanoidi sono molecole ormone simile che si formano a livello cellulare da una serie di reazioni enzimatiche che determinano la modificazione strutturale degli acidi grassi a lunga catena -l’acido linoleico (18:2 n-6) e acido arachidonico (20:4 n-6 ) e dell’acido linolenico (18:3 n-3), DHA (22:6 n-3) e EPA (20:5 n-3). Gli eicosanoidi che si sintetizzano a partire dagli acidi n-6 fanno convenzionalmente parte della serie n6, quelli che si formano dagli acidi n-3 fanno parte della serie n3. In particolare la serie n3 identifica molecole che presentano un’attività bio-chimica meno dannosa della complementare. Queste molecole (sia della serie n3 che n6) manifestano un’attività paracrina, ovvero esplicano la loro funzione soltanto su cellule vicine alla loro sede di sintesi e quindi non vengono trasportate dal circolo sanguigno per agire in altri luoghi dell’organismo. Entrambe le serie sono coinvolte nelle funzioni riproduttive, nelle infiammazioni, nella febbre e nel dolore associato a traumi o malattie, agli spasmi del parto, nella formazione di coaguli di sangue (trombossani) e nella regolazione della pressione sanguigna (prostaglandine), nella secrezione gastrica e in altri processi bio-chimici. [banner] Proprio in funzione di tali virtù la carenza del consumo di grassi può comportare danni all’organismo. Alcuni studi sul neonato mostrano segni clinici di deficenza (ritardo nella crescita-alterazioni della pelle) imputabili ad una ridotta assunzione di acido linoleico (18:2<1% delle calorie alimentari). Inoltre in esperimenti condotti su topi da laboratorio si è visto che un basso apporto di acido linoleico determina un aumento del rapporto acidico (20:3 n-9/20:4 n-6). Oltre al linoleico (18:2) deve essere fornito anche una buona quantità di acido linolenico (18:3) per compensare la perdita fisiologica derivante dai depositi adiposi che ne riducono la disponibiltià funzionale. Sostanzialmente gli eicosanoidi derivanti dall’acido linoleico presentano una gamma di funzioni biologiche più completa (che include anche alcuni degli inevitabili effetti negativi di cui parlavamo) rispetto agli stessi ecosanoidi formati dalla serie n-3, pertanto è bene assumere una maggiore quantità di acidi n-6 rispetto agli n-3, ed infatti ciò già si verifica nella dieta normale. Ma l’enzima ciclo-ossigenasi presenta una maggiore affinità biologica verso gli acidi n-3 tale che un incremento degli stessi riduce la probabilità che l’enzima interagisca con l’acido arachidonico (20:4 n-6), quest’ultimo infatti porta alla formazione di eicosanoidi instabili o comunque pro-infiammatori nell’organismo. Oltre a questi accorgimenti è bene integrare la dieta con vitamina E in quanto questa sembra che riesca ad inibire la formazione di eicosanoidi pro-aggreganti (ovvero molecole che incentivano l’aggregazione piastrinica e riducono l’elasticità della parete vascolare). In particolare alcuni esperimenti di Rand (1988) hanno, in topi da laboratorio, evidenziato la riduzione della produzione di trombossani TXB2 (che in genere causano la formazione locale di trombi ematici) quando i roditori venivano nutriti con olio di palma arricchito di vitamina E. I trombossani sono molecole pro-aggreganti che si sviluppano conseguentemente alla modificazione chimica dell’acido arachidonico catalizzata dell’enzima ciclossigenasi, perossidasi e trombossano sintetasi, di cui la ciclossigenasi (COX) è l’enzima scatenante. Tutti gli ecicosanoidi svolgono anche la funzione di trasmettitori di segnali chimici che collegano l’esterno con l’interno della cellula.

TBX2: trombossano B2, TXA2: trombossano A2, PGI2: prostaciclina I2; PGD2: prostaglandina D2; PGE2: prostaglandina E2; PGF2a: prostaglandina F2-alfa

 L’acido arachidonico viene normalmente rilasciato nel citosol cellulare attraverso l’attività dell’enzima fosfolipasi A2, a sua volta attivata dalla protein chinasi C. Rand ha messo un evidenza che una dieta ricca di vitamina E determina, attraverso un meccanismo non chiaro, una parziale inattivazione della proteina chinasi C rendendola incapace di trasferire lo stimolo chimico/fisico dall’esterno all’interno della cellula. In questo modo l’enzima fosfolipasi A2 riduce la proria attività riducendo quindi la genesi dei trombossani TXB. Anche l’aspirina ha lo stesso effetto in quanto inibisce l’attività dell’enzima COX. Oltre alle TXB si formano anche altre molecole come prostaglandine (PG) e prostacicline (PGI), ma i trombossani possono essere gli agenti eziologici di patologie gravi come hictus, ischemie e infarti del miocardio. Al fine di controllare la genesi della formazione molecolare dei trombossani è bene dunque seguire regimi nutrizionali che prevedano una maggiore ingestione di acidi grassi della serie n-3 (acido linolenico, EPA e DHA) in modo tale da contribuire alla formazione di molecole bioattive che abbiano effetti collaterali meno dannosi, derivanti appunto dalla serie n-3. I nutrizionisti raccomandano che:

  1. i grassi polinsaturi (n-6) devono essere il 5% delle calorie totali
  2. i grassi polinsaturi (n-3) circa 1g/die
  3. EPA + DHA (assai presenti nei grassi dei pesci): 1 g/die
  4. il rapporto n6/n3 <5:1 (nei paesi occidentali invece è pari a 10:1)

Gli acidi grassi omega 6 (o n-6) non sono un problema dal punto di vista nutrizionale in quanto la dieta comune ne apporta dosi adeguate, diversamente dagli apporti alimentari di omega 3 (o n-3) che spesso non raggiungono nemmeno la dose minima consigliata. Pertanto oltre alle normali raccomandazioni dietetiche sopperibili attraverso i pasti tradizionali esistono anche alimenti nei quali è stato aggiunto omega 3 attraverso un processo tecnologico (o dietetico) applicato direttamente alla materia prima.

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alimentech in Chimica degli Alimenti,Grassi e derivati,Processi Alimentari am Febbraio 19 2012 » Comments are closed.

I “Frying Shortening” e la degradazione termica dei grassi da frittura

Tutti i grassi, sottoposti ad aumenti eccessivi di temperatura, sono caratterizzati da una maggiore reattività tra l’ossigeno e i doppi legami degli acidi grassi, che portano alla rancidità del grasso, all’autossidazione e ad un incremento, almeno nelle fasi iniziali, del numero dei perossidi. [banner]I grassi e gli oli di diversa natura hanno differenti livelli di stabilità nelle stesse condizioni di impiego. Molti sono i fattori causali del deterioramento dei grassi da frittura. Questi fattori sono:

  • il numero di volte in cui lo stesso grasso è usato per friggere gli alimenti ovvero il “tasso di cambio”  dell’olio
  • il tipo di alimenti da friggere e il tipo di frittura
  • la temperatura del grasso
  • il contenuto di acidi grassi insaturi (soprattutto polinsaturi).

Le caratteristiche più importanti di un buon shortening da frittura sono la stabilità dell’aroma, la stabilità al calore, ed in generale la stabilità all’ossidazione.

Se il tasso di cambio dell’olio (turnover) è elevato, si possono usare grassi ed oli non idrogenati. Gli shortening che contengono un livello significativo di acido linoleico (come nell’olio di soia non idrogenato) non dovrebbero essere usati per friggere. Essi sono molto instabili, in termini di ossidazione, e siccome una piccola percentuale in peso penetra nell’alimento si osserva anche la diminuzione della shelf-life del prodotto fritto. Tra questi oli instabili sono da annoverare l’olio di mais, di girasole e cotone. Ovviamente si può ottenere una maggiore stabilità attraverso l’uso di oli meno insaturati come quello di palma.

In più, ai grassi da frittura si richiede un alto “punto di fumo”.“Il punto di fumo” è definito come la temperatura oltre la quale un certo grasso emette del fumo pungente con continuità quando è riscaldato in specifiche condizioni. Esso è il risultato di un incontrollato processo di modificazione che si verifica a scapito dell’olio e che alla lunga, a causa delle alte temperature, produce sostanze volatili come aldeidi, chetoni e alcoli a corta catena che si visualizzano sottoforma di fumo.

Un sistema alimento/olio in fase di frittura è sottoposta a una sorprendente  formazione molecolare:

  1. Innanzitutto l’olio mentre frigge assorbe aria; essa determina l’iniziazione delle reazioni di ossidazione. In questo modo si producono gli idroperossidi, quindi i dieni e trieni coniugati. Queste molecole tendono a  formarsi in quanto la frazione polinsatura degli oli in genere è costituta da acidi grassi con doppi legami isolati da un gruppo metilenico. Durante il processo di frittura può avvenire che alcuni di questi doppi legami traspongano formando degli acidi grassi coniugati in cui il gruppo metilenico scompare.
  2.  I sistemi coniugati  con 3, 4 o più doppi legami  sono molto instabili e possono reagire tra loro per formare dei polimeri. Può avvenire anche un fenomeno di “ciclizzazione” per cui un gruppo di doppi legami reagiscono a ridosso della stessa catena che li contiene a formare una molecola ciclica che può essere aromatica se avviene l’allontanamento di due idrogeni (reazioni Diels-Alder)
  3. La ciclizzazione dei trinei e dieni coniugati può avvenire senza cessione di idrogeni, in questo caso si formeranno cicli alifatici.
  4. La disidratazione dei dieni e trieni porta alla formazione di chetoni
  5. La fissione dei dieni e trieni forma alcoli e aldeidi che, per effetto delle elevate temperature, degradano in idrocarburi e alcoli.
  6. Gli idroperossidi formano radicali liberi che degradano in epossidi, alcoli e idrocarburi.
  7. L’alimento mentre frigge assorbe olio che va a sostituire l’acqua; questa dunque evapora insieme agli altri composti volatili neo-formati (fumo).

Gli Shortening, essendo in genere prodotti studiati “ad hoc”, presentano una composizione acidica ottimale che ostacolano, almeno in parte, le reazioni di degradazione e favoriscono la produzione e cottura di alimenti di migliore qualità sensoriale e nutrizionale, specie se paragonati a quelli fritti con oli inadeguati.

alimentech in Chimica degli Alimenti,Grassi e derivati,Processi Alimentari am Febbraio 16 2012 » Comments are closed.

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